"E' un privilegio preparare la stanza in cui dormirà qualcun altro"
E. Jolley
"Villa Lopez" è un Bed & Breakfast che offre ai suoi ospiti calda accoglienza, intimità, relax, eleganza e cura in ogni particolare.
Il suo blog nasce per raccontare le piccole straordinarie storie di amicizia nate tra una torta di mele ed una chiacchierata in giardino all'ombra "du' Chiozzu", il vecchio gelso che stende i suoi ombrosi rami, paterno e protettivo, e la cui maestosa mole parla di secoli di vita e sembra quasi raccontarti di tutti i monelli che ogni primavera davano la scalata ai suoi rami per "rubare" le sue more.
Tra le pagine di questo blog troverete i pensieri, a volte vere poesie, lasciati dai miei ospiti, veri protagonisti della vita di questo bed&breakfast; troverete pagine scritte proprio da alcuni di loro; troverete, a volte, riflessioni e considerazioni sui problemi di quest'angolo di Calabria e sul turismo; troverete leggende e racconti nati dalla fantasia popolare e tramandati nei secoli; poesie e brani di autori calabresi, spesso sconosciuti.
Il mio invito, a tutti i visitatori di questo blog, a lasciare i propri pensieri e commenti dando così vita e seguito a tante altre bellissime storie di simpatia ed amicizia.


Accomodatevi, prego, se desiderate visitare il mio bed & breakfast

venerdì 28 novembre 2008

Pensieri di Novembre


Guardo lontano
in questa gelida alba rossa
di fine novembre
Pagine di cui ancora non conosco il senso
mi scorrono davanti agli occhi
vorrei sfogliarle più in fretta
per trovare il finale
Qualcuno mi ha reso più forte
con il suo essere freddo,
ma non più fredda
con il suo essere forte.
Devo mettermi in viaggio
verso una meta che ancora non conosco,
ma ancora, pigra, indugio
nel calore di un ricordo
di una carezza lontana
di due dolci parole perdute.
Attimi, si leva il sole,
ed è un giorno nuovo.




Ci sono parole che non hanno bisogno di altre parole. Piccoli pensieri che esprimono sensazioni che in molti possiamo condividere. O solo capire perchè sono strade che anche noi abbiamo conosciuto; strade che ancora stiamo percorrendo. Forse sono strade che ci aspettano.

giovedì 20 novembre 2008

Big Kahuna. Il monologo

Ancora pochi giorni e anche questo novembre vivrà solo nei ricordi.
Queste terre del Sud. Novembre e giorni di splendido sole, di profondo azzurro, di leggera brezza.
Gelsomini in fiore. Verdi intensi. Canti mattutini di uccellini tra i rami. Rami ancora "vestiti".
Illusioni di una eterna estate.
E mi trovo tra le mani questo "monologo" tratto dal film "The Big Kahuna".
Non segue i canoni poetici da me preferiti, ma proprio la sua "schiettezza" ti porta a riflettere senza veli rosa a sfumare la realtà.
Alzo lo sguardo e lascio che gli ultimi sfolgoranti colori di questa illusione estiva mi riscaldino il cuore.


Goditi potere e bellezza della tua gioventù.
Non ci pensare.
Il potere di bellezza e gioventù lo capirai solo una volta appassite.
Ma credimi tra vent'anni guarderai quelle tue vecchie foto.
E in un modo che non puoi immaginare adesso.
Quante possibilità avevi di fronte e che aspetto magnifico avevi!
Non eri per niente grasso come ti sembrava.
Non preoccuparti del futuro.
Oppure preoccupati ma sapendo che questo ti aiuta quanto masticare un chewing-gum per risolvere un'equazione algebrica.
I veri problemi della vita saranno sicuramente cose che non ti erano mai passate per la mente, di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro di un pigro martedì pomeriggio.
Fa' una cosa ogni giorno che sei spaventato: canta!
Non essere crudele col cuore degli altri.
Non tollerare la gente che è crudele col tuo.
Lavati i denti.
Non perdere tempo con l'invidia: a volte sei in testa, a volte resti indietro.
La corsa è lunga e, alla fine, è solo con te stesso.
Ricorda i complimenti che ricevi, scordati gli insulti.
Se ci riesci veramente, dimmi come si fa...
Conserva tutte le vecchie lettere d'amore, butta i vecchi estratti-conto.
Rilassati!
Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita.
Le persone più interessanti che conosco a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita.
I quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno.
Prendi molto calcio.
Sii gentile con le tue ginocchia,quando saranno partite ti mancheranno.
Forse ti sposerai o forse no.
Forse avrai figli o forse no. Forse divorzierai a quarant'anni. Forse ballerai con lei al settantacinquesimo anniversario di matrimonio.
Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso, ma non rimproverarti neanche: le tue scelte sono scommesse, come quelle di chiunque altro.
Goditi il tuo corpo, usalo in tutti i modi che puoi, senza paura e senza temere quel che pensa la gente. E' il più grande strumento che potrai mai avere.
Balla!
Anche se il solo posto che hai per farlo è il tuo soggiorno.
Leggi le istruzioni, anche se poi non le seguirai.
Non leggere le riviste di bellezza: ti faranno solo sentire orrendo.
Cerca di conoscere i tuoi genitori, non puoi sapere quando se ne andranno per sempre.
Tratta bene i tuoi fratelli, sono il miglior legame con il passato e quelli che più probabilmente avranno cura di te in futuro.
Renditi conto che gli amici vanno e vengono, ma alcuni, i più preziosi, rimarranno.
Datti da fare per colmare le distanze geografiche e gli stili di vita, perché più diventi vecchio, più hai bisogno delle persone che conoscevi da giovane.
Vivi a New York per un po', ma lasciala prima che ti indurisca.
Vivi anche in California per un po', ma lasciala prima che ti rammollisca.
Non fare pasticci con i capelli: se no, quando avrai quarant'anni, sembreranno di un ottantacinquenne.
Sii cauto nell'accettare consigli, ma sii paziente con chi li dispensa.
I consigli sono una forma di nostalgia.
Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga.

Ma accetta il consiglio... per questa volta.

martedì 4 novembre 2008

"Sei tu a parlare al mio cuore..........."

"Sei tu a parlare al mio cuore
e dolcemente lo culli
come in un canto di ninna nanna,
profumo di corolla mattutina.


Quello che ho smarrito
correndo
lungo i più alti sentieri.
Quello che non ho trovato
fermandomi supino
sulle spiagge rugose.
Quello che ho sognato
in una notte di stelle
felice, ma tremante di paura,
è racchiuso in te.


Nella purezza del tuo sorriso
c'è il sapore delle favole antiche.
Nella freschezza del corpo
l'ardore dei sogni e le speranze.
Nella tua misteriosa presenza
i dolci incanti della fanciullezza.


Creatura essenziale,
tu parli, perchè io possa parlare.
Sorridi, perchè io possa sorridere.
Vivi, perchè io possa vivere.
E così conduco la vita
aggrappato a te
per non cadere.


Tratto dalla raccolta di poesie "Al tempo delle fragole" di Bruno Naso.



Con profonda emozione rileggo questi versi che oggi ho scelto per voi. Come sempre accade, ogni qualvolta il pensiero vagabondo fruga tra i cassetti della memoria riportandomi il ricordo del professore Bruno, con una dolce stretta al cuore rivedo la sua figura alta e magrissima, il suo tenere la testa piegata come in un avvicinarsi più al cuore di chi gli stava vicino, il suo ascoltarti in silenzio e le sue parole sempre vestite di pacata dolcezza. E' una presenza che ha accompagnato tutta la mia vita sin da quando, piccola straniera, mi affacciai per la prima volta al balcone che dà sulla piazzetta. Lui, la sua casa, la chiesa, la professoressa Irene, l'avvocato, il vicino che montava il suo cavallo ogni mattina verso terre misteriose, il chiacchiericcio allegro delle donne in attesa della partenza per la campagna. Bagliori di luce, ricordi pieni di risate e malinconia. Un mondo che torna sfumato di sogno.

Adesso lo rivedo accanto a me, presenza discreta, nei miei momenti più tristi, nelle battaglie impari, nei giorni che dovevano essere di gioia. Nel mio mondo di oggi la sua casa, la chiesa, la collina di Cavallica sono ancora quì. Ed anche la sua poesia!

martedì 16 settembre 2008

Cercami


Tu,
insolita e discreta
proponi saggezza
al mio perenne migrare.

Dove sarò? Mi dovrai cercare.

Io sono dovunque, e quando
crederai d'avermi trovato
sarò già lontano.

Lo scirocco mi avrà portato
verso sud, il mio Sud.

Strade piccole,
brevi selciati,
case scavate nel tufo.

Strapiombi sul mare,
nel vento che avvampa le facce, e
dalle rocce sdradica i capperi assetati.

Con la mente volare,
librarsi dal picco più alto, dove
l'aquila con l'ala spezza le correnti e
imponente stalla nello scirocco.

Se verrai, saprai come trovarmi.

La mia casa è ai Due Mari,
nel rosso dei faggi.
Là c'è acqua chiara,
generosa come la sua gente,
usa al lavoro e prodiga di gentilezze.

Gente piena d'orgoglio e
fiera della sua terra, dove
la più piccola pietra
è memoria.


Versi tratti da "La voce del Mare" di
Francesco Giovinazzo


In una delle mie frequenti escursioni in librerie varie, alla ricerca di piccoli grandi tesori, nel mio frugare gli angoli nascosti sperando di incontrare autori calabresi ignorati, dimenticati, lo sguardo sconsolato coglie un qualcosa di piccolo, lì in fondo sullo scaffale più basso. Ho un moto di sorpresa! Il nome inequivocabilmente cittanovese.... la veste semplice..... solo spumeggianti creste d'acqua e lievi gabbiani in bianco e nero. Lo apro .....piccoli versi, brevi, sembra quasi un rivolgersi a sè stesso con tono discorsivo... parole semplici.... colgo qualcos'altro, un chè di familiare e poi riconosco l'amore, la passione per la propria terra, questa terra! Proprio questa montagna e questi mari che solo quì sono un tutt'uno. E poi la lontananza vissuta nel silenzio dell'anima che sgorga dapprima con voce lieve, poi sempre più appassionata ma mai dai toni forti; una voce delicata e contenuta nel riserbo che è nella natura del calabrese all'esternare i propri intimi sentimenti.




Una sorpresa ancora mi attende quando cerco nell'angolo sinistro in basso della copertina posteriore; un piccolo adesivo sul quale, vergato a mano con tratti svelti "Omaggio dell'Autore" e la sua firma, quasi solo una sigla.

In un mondo dove impera il culto al Dio denaro e l'unica preghiera che senti recitare è la cifra finale dell'estratto conto, c'è chi dà qualcosa così importante di sè in dono............


Francesco Giovinazzo è nato nel 1954 a Cittanova (Reggio Calabria) dove vive e lavora....
Riconoscimenti ricevuti;

Finalista con la lirica "Madre" al Premio Anassilaos

Segnalazione di merito al Premio Rhegium Julii con la composizione "Scavami l'Anima".

mercoledì 10 settembre 2008

Zomaro; la montagna magica.




"Ho sempre saputo che quella montagna era magica; anche il vento recava voci di trapassati e la nebbia dei loro spiriti leggeri.
D'estate la luce abbacinante delle radure tra i faggi aveva poteri medianici: ho avuto anch'io delle visioni. L'ho vissuta così, intensamente ed essa mi ha stregato per sempre, ora che tardivamente comincio a capire da quanti popoli fù attraversata ed abitata, a quanti dominatori sottomessa, da quanti intenti ricercata.

Mi rivelerei provinciale e di parte se non chiarissi che tutta quella montagna, dai fianchi stretti e dalla lunga schiena, ricca di acque e popolata di faggi, la "dorsale", come la chiamarono, fu infinitamente contesa, appropriata e riappropriata, necessaria al transito, senza alternative, non impantanata e ricca di miasmi come la grande Piana silvestre, non riarsa come le rocche orientali, perciò anche adocchiata da levante e da ponente; possedeva essa sola tutti i requisiti che sull'uno e sull'altro versante non si ritrovavano mai assieme.

Devo credere alla pervasività, alla permanenza degli ectoplasmi delle civiltà sparite e, con esse, delle sofferenze, delle ribellioni, delle fughe, delle paci quiete, degli sradicamenti, dei ritorni e quella montagna li ebbe tutti, più volte nei millenni e ne mantiene ancora le ridondanze.
Là sopra, in qualunque stagione vi capiti, non sei mai solo. La ressa delle compresenze è tale che le orecchie si riempiono di frastuoni anche nei più durevoli e distesi silenzi.

Afferro ora il senso ingenuo ed ineffabile del sentirsi parte delle infinite generazioni dell'uomo, della immortalità della specie; accanto agli alberi sempre fedeli al loro destino, alle pietre che non mutano mai sito, su quella montagna dei sette popoli nulla è mai morto veramente."



Ho tratto queste sensazioni dal libro "Zomaro, la montagna dei sette popoli" di Domenico Raso, cittanovese che sente la sua appartenenza a questa terra, alla sua montagna.
Chiunque sia stato su allo Zomaro e si sia incamminato giù sotto le faggete od abbia "osato" l'ombra delle pinete o si sia affacciato sul versante ad oriente a respirare l'aria dello Jonio sa che Domenico Raso dice il vero; nel silenzio che quì è diverso che altrove la sensazione di non essere soli, di voci che ti sussurrano all'orecchio è reale, intensa e forte. Chi non ascolta con l'animo puro, "jancu", la percepisce come una sensazione di angoscia; chi sente invece dentro di se il fluire dello spirito di questa terra su questa montagna si sente in pace, si sente a casa.