"E' un privilegio preparare la stanza in cui dormirà qualcun altro"
E. Jolley
"Villa Lopez" è un Bed & Breakfast che offre ai suoi ospiti calda accoglienza, intimità, relax, eleganza e cura in ogni particolare.
Il suo blog nasce per raccontare le piccole straordinarie storie di amicizia nate tra una torta di mele ed una chiacchierata in giardino all'ombra "du' Chiozzu", il vecchio gelso che stende i suoi ombrosi rami, paterno e protettivo, e la cui maestosa mole parla di secoli di vita e sembra quasi raccontarti di tutti i monelli che ogni primavera davano la scalata ai suoi rami per "rubare" le sue more.
Tra le pagine di questo blog troverete i pensieri, a volte vere poesie, lasciati dai miei ospiti, veri protagonisti della vita di questo bed&breakfast; troverete pagine scritte proprio da alcuni di loro; troverete, a volte, riflessioni e considerazioni sui problemi di quest'angolo di Calabria e sul turismo; troverete leggende e racconti nati dalla fantasia popolare e tramandati nei secoli; poesie e brani di autori calabresi, spesso sconosciuti.
Il mio invito, a tutti i visitatori di questo blog, a lasciare i propri pensieri e commenti dando così vita e seguito a tante altre bellissime storie di simpatia ed amicizia.


Accomodatevi, prego, se desiderate visitare il mio bed & breakfast
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mercoledì 19 ottobre 2011

.....Vivere è sognare....



"Andate fiduciosi nella direzione dei vostri sogni......






.......vivete la vita che avete sempre immaginato.”


(Henry David Thoreau)

giovedì 7 aprile 2011

"Tutto il mondo dentro"



Qual è il male oscuro che affligge Maria?
È davvero indemoniata  o qualcosa del suo passato la tormenta?

...Giovanni Buscemi, detto u magu, è uno psicoterapeuta tornato da poco
a Cittanova, in Calabria, da dove era fuggito ancora ragazzo per inseguire i
suoi sogni.
In paese incontra Livia Antonietta, il suo amore di gioventù. La
donna gli chiede di aiutare Maria, una diciassettenne che la madre crede
posseduta dal demonio.
Giovanni comincia la terapia e, con la forza della parola, inizia a scavare
nel passato della ragazza, orfana di padre e cresciuta in un ambiente repressivo.

Cosa tormenta Maria e la rende preda di crisi convulsive così
terribili da farla sembrare indemoniata?
Nonostante la cura sembri funzionare, c’è ancora qualcosa nascosto nel cuore della ragazza.
Nel frattempo a Cittanova le malelingue dicono che tra medico e paziente ci sia in realtà
una relazione, e Maria viene aggredita verbalmente e fisicamente da alcune
donne del paese. Sarà Giovanni, che ha riallacciato i rapporti sentimentali
con Livia, a salvarla dalle megere e a riuscire, con pazienza e intuito, a
liberare la ragazza dai suoi dèmoni.

Un romanzo psicologico di grande impatto emotivo.

TUTTO IL MONDO DENTRO di Graziano Versace
ED. SAN PAOLO

Graziano Versace è nato a Belmore (AUS) il 16/02/64.
Laureatosi in Lettere Moderne, ha svolto per qualche tempo l’attività di psicoterapeuta umanistico-esistenziale. Attualmente, insegna Materie Letterarie a Sant’Agata di Militello (ME) dove vive insieme alla moglie Ketty e al figlio Davide.
Ha pubblicato un libro di narrativa per la scuola dal titolo Biglie colorate. A settembre 2009 è uscito per San Paolo un suo romanzo: Ladri di locandine. Finalista due volte al Premio Urania, coltiva da sempre la passione per la Fantascienza.

Vincitore del Premio iNarratori 2008, sezione Fantascienza, il suo romanzo Raimondo Mirabile, futurista, è stato pubblicato nel febbraio 2010 nella collana Eclissi di Edizioni XII.

martedì 1 febbraio 2011

Porta "Amusa"


Porta Amusa

Ormai
non risuona più il ripido selciato:
tacciono il raglio, il nitrito, il belato
e tace l’affannoso fiato
del pastore, del contadino
dall’amaro, ingrato destino.


Immemori le siepi e i muri
silenti le pietre, i tuguri
par sia calato l’oblio
su tutto il paese mio…

Ma nel nuovo silenzio non tace
la vera cultura, tenace
e da ogni pur piccola “strace”
ci chiama ancora Natura:
la madre antica, la vita futura.

Ormai
la Porta non teme incursioni
di vecchi o di nuovi ladroni
e attende sempre aperta
a Caulonia una riscoperta…


Attendono nuovi passi
giovani, lievi, i nostri sassi,
gli antichi custodi di storie
di piccole e grandi memorie.

(Emma Chiera - inedita - 28-29.12.2010)

Notizie storiche su Caulonia e la Porta Amusa




Nell'ottavo secolo a.c. un numero sempre più cospicuo di greci si avventurarono sulle profonde acque del mar jonio e raggiunsero le nostre sponde, dando così origine a quel processo definito da ogni studioso di storia antica l'epoca della seconda emigrazione, ovvero della colonizzazione ellenica sulle coste dell'Italia meridionale e della Calabria jonica in particolare.
Nel corso della loro storia le popolazioni elleniche ( achee, calcidesi, corinzie, laconiche e joniche) conobbero più volte il fenomeno dell'esodo verso terre da colonizzare.
Tarante, Metaponto, Sibari, Crotone, Locri e Reggio e subito dopo Squillace e Caulonia, furono le colonie e le sub-colonie che i greci costruirono lungo il litoranee jonico del mezzogiorno d'Italia. "Nel quinto secolo a.C. le città-stato sorte nel sud della penisola Italiana e in Sicilia erano diventate così numerose che tutta quella parte d'Italia veniva ormai comunemente denominata in greco Megale Hellas e in latino Magna Graecia.
In quella terra che dovevano considerare ricca di favorevoli opportunità i colonizzatori greci importarono il meglio delle loro cultura: poesia, filosofìa, scienza, tecnologia, religione, mitologia e arte. La Grecia d'Occidente, a sua volta, apportò rilevanti contributi culturali e diede i natali a luminari come Parmenide, Empedocle, Archimede. Platone ed Eschilo vi soggiornarono"

(Michael Bennett e Aaron J. Paul).

giovedì 9 dicembre 2010

Presepe


Forse era notte, ed una notte pura,
perché nel cielo ardevano le stelle,
mentre i pastori con le ciaramelle
guidavano le greggi alla pastura.

E come luccicavano quegli astri

di carta d'oro! Intorno, qualche lieve
bioccolo di bambagia: era la neve,
sparsa sui monti; e serpeggiavan nastri

d'argento per le valli: erano i fiumi...

Notte; ma dappertutto erano sciami
di bimbi, e lavoravan falegnami
innanzi alle botteghe senza lumi,

e vecchiette: filavano davanti

alle capanne, e v'eran cacciatori
nei boschi (coi fucili!...) e mercatori,
e le strade eran piene di viandanti,

sui muli, a piedi, a dorso di cammello;

e andavan tutti verso un lumicino,
ch'era la grotta di Gesù bambino
con la greppia, col bue, con l'asinello...

Sorgeva una divina sensazione

di mistero, di pace, di riposo
da quel miscuglio ingenuo e delizioso,
da quel mondo di gesso e di cartone.

E in una gioia attonita sommerso

era il cuore del bimbo trasognato...
Le campane suonavano: era nato
colui che disse: «pace! » all'universo;

colui che predicò lungo le rive

del bel Giordano e disse: « perdonate
a chi v'offende, a chi v'opprime! » e: « date
- disse - a chi chiede, e amate anche chi vive

oltre il confine della vostra siepe!... »,

come il vecchio pievano, umile e saggio;
nella chiesetta bianca del villaggio,
ci raccontava, accanto al suo presepe.

Passaron gli anni quell'azzurro cielo

si rabbuiò; sull'anima randagia
quei bianchi, lievi fiocchi di bambagia
piovvero in fitti granuli di gelo,

Ma quegli astri di carta, quella culla

di fieno, quegli arcangeli di noce
parlano ancora con la stessa voce
che ci commosse l'anima fanciulla,

e dicon: « pace ! » al trasognato cuore,

dolci come una musica lontana,
e gli fanno capir quanto sia vana
la sua piccola storia di dolore:

perché, malgrado tutti i suoi naufragi,

malgrado le sue misere procelle,
vi son nel cielo quelle stesse stelle
che un giorno illuminarono i Re Magi;

e fra le stelle, ermetico, tenace,

quello stesso mistero, immobilmente;
e sempre, al mondo, quella stessa gente
con. la sua vana, eterna ansia di pace.

E tende, illusa, il cuore a questa Buona

Novella, nell'oblio d'una giornata,
la vecchia umanità sconclusionata,
che non dà, che non ama e non perdona.


Alberto Cavaliere


"Composto trovasi, puro non già, per la sua massima affinità.  Giallo-verdognolo, d'odor non grato,  è un gas venefico, che ci vien dato" ....

(Alberto Cavaliere, Chimica in versi, Zanichelli, 1928 - 2ª edizione)
Alberto Cavaliere nacque a Cittanova (RC) il 19/10/1897 e morì a Milano il 7/11/1967 in seguito alle ferite riportate in un incidente stradale a S. Remo.

Dotato di una straordinaria capacità nel creare versi in rima, appena dodicenne venne espulso dal collegio per una poesia che satireggiava i suoi professori: un componimento caustico ma dalla metrica ineccepibile.
Alberto Cavaliere viene spesso ricordato per la sua "Chimica in versi", originale libro scaturito da un esame non superato all'Università. Non scoraggiato dal fallimento, decise di rendere in versi l'intero corso di Chimica Generale; si ripresentò davanti al docente e cominciò, ad ogni domanda, a sciorinare le sue rime, superando l'esame, davanti al professore dapprima spiazzato poi meravigliato dall'abilità poetica del suo alunno.

Laureatosi in Chimica presso l'Università di Roma, dopo aver lavorato presso il Ministero dell'Aeronautica come chimico, all'impiego statale preferì la libera professione.
Fu attore, scrittore, giornalista, poeta, umorista e politico. Autore tra l'altro della Chimica in versi.
Fu eletto consigliere del Comune di Milano e successivamente Deputato al Parlamento Italiano.

 Maggiori informazioni sulle opere di Alberto Cavaliere......

martedì 23 novembre 2010

"Calabria"



 "Ti amo Calabria
per gli assorti silenzi delle tue selve
che conciliano i sogni dei pastori
e le estasi degli eremiti.

Ti amo per quel fiume di alberi
che dalle timpe montane
arriva ai due mari a bere il vento del largo
frammisto all'aroma del mirto.

Ti amo per le solitarie calanche
chiuse da strapiombi di rocce
che prendon colore dell'alga
nata dallo spruzzo dell'onda.

Ti amo per le spiagge deserte
bianche di sole e di sale
dove fanciulli invisibili sorelle di Nausicaa
corrono sul frangente marino
i piedi slacciati dai sandali.

Ti amo per la fatica durata
a domar le montagne, a bucarle,
a intrecciarle a festoni di pergola,
a cavarne grasse mammelle di moscato d'oro per mense di dei.

Ti amo per l'aspro carattere
fortificato da solitudini secolari,
bisognoso di poche essenziali parole
mai vacillante davanti alla congiura dei giorni.

E un giorno non troppo lontano
unito a te nella zolla saro' anch'io Calabria,
saro' il fremito dei tuoi alberi,
il murmure della tua onda,
il sibilo dei tuoi uragani, il profumo delle tue siepi,
la luce del tuo cielo.

Si dira' Calabria e anch'io saro'
compreso in quel grande e immortale nome,
anch'io diventato un ulivo
dalle enormi braccia contorte spaccate dal vento dei secoli,

anch'io saro' favola
al canto che sgorghi improvviso
come acqua dal sasso
dalle labbra di un giovinetto pastore dell'Aspromonte,

davanti al fuoco ristoratore
di un vaccarizzo odoroso di latte
e di redi nella lunga notte invernale."

Leonida Repaci

giovedì 22 luglio 2010

Locri Epizephiri "Lokroi Epizephyrioi"

Ratto di Proserpina


Epizefiri,  ovvero  letteralmente «vicino a Capo Zeffirio», oggi Capo Bruzzano, ricorda le origini del primo insediamento greco sul promontorio, alla fine dell'VIII° a.C., prima che i coloni si spostassero 20 km più a nord, sempre alle pendici dell'Aspromonte, in una zona pianeggiante compresa tra il mare, i due torrenti Gerace e Portigliola e le colline. 
Ci troviamo in un'area che si estende per 230 ettari all'interno delle mura, segnata da un asse parallela alla costa che, ancora oggi, conserva il nome antico di dromos (corso) e divide la parte pubblica, a monte, da quella litoranea, a carattere residenziale. Locri, arrivò a contare 40.000 abitanti, è oggi la meglio conosciuta tra le città della Magna Grecia, grazie all'abbondanza documentaria delle fonti e dei ritrovamenti archeologici.

La città fu fondata alla fine dell'VIII° a.C., da coloni che provenivano dalla Locride Ozolia o Opunzia. Aristotele sostiene che i fondatori fossero in realtà dei servi fuggiti con le mogli dei loro padroni, impegnati con Sparta nella guerra contro i Messeni, probabilmente per questo motivo erano le madri a trasmettere la discendenza nobiliare.


Fin dall'antichità Locri è ricordata per l'attività legislativa di Zaleuco (del 660 a.C. circa), redattore del primo codice europeo di leggi scritte. Alla fine del VII° a.C. si datano le fondazioni delle due colonie locresi sul Tirreno, Hipponion e Medma, che costituivano la politica di espansione territoriale a Occidente. Poco prima del 550 a.C. sappiamo della vittoria che la città riportò, alleata con i Reggini, contro Kroton, Kaulon e Sybaris, nella battaglia della Sagra, l' odierno fiume Torbido: a questo proposito le fonti ricordano l'intervento miracoloso dei Dioscuri, protettori della città, che avrebbero aiutato i 15.000 locresi ad avere il sopravvento sui 120.000 avversari.
Nel 477 a.C. Anaxilas, tiranno di Reggio, attaccò la polis che, successivamente, dal V° a.C., si alleò con Siracusa: Dionisio I sposò una nobile locrese e concesse alla città ampliamenti territoriali ai danni di Rhegion e Kaulon; il figlio di costui, Dionisio II°, cacciato da Siracusa nel 356 a.C., si rifugiò nella città dando origine a un'odiosa tirannide, finita tragicamente con il massacro della sua famiglia da parte dei cittadini esasperati, che instaurarono un governo democratico.
Dopo aver parteggiato per Pirro ed essere stata occupata da Annibale tra il 216 e il 215 a.C., nel 205 a. C. Locri entrò nell'orbita romana come Municipium, fino all'abbandono  nel VII°-VIII° d.C., avvenuto per le incursioni arabe e il conseguente arroccamento su Gerace.
Nelle località Canale, Janchina e Patariti sono state rinvenute alcune tombe a grotticella, relative ad insediamenti siculi del IX°-VIII° a.C., precedenti alla colonizzazione greca.


In località Parapazza-Marasà, dove si trova l'Antiquarium, si possono ammirare i resti delle mura, in blocchi squadrati di arenaria, con una grande torre circolare. L'andamento dell'intera cinta, (7,5 km) descrive un grande rettangolo che, allungato perpendicolarmente alla linea di costa, si estende verso monte fino a comprendere le alture di Castellace, Abbadessa e Mantella.

Il ritrovamento, negli archivi del santuario di Zeus, di una tavoletta bronzea dove si parla di un prestito per la costruzione delle torri, non lascia dubbi sulla datazione agli inizi del III° a.C. delle parti in vista; tuttavia alcuni saggi in profondità hanno permesso di datare il primo impianto al 550 a.C.
L'impianto urbano, a partire dal VI° a.C. è costituito da una fitta serie di strade parallele, larghe 4,5 m (stenopoi), correvano da monte verso valle, in modo da facilitare il deflusso delle acque; queste erano intersecate ortogonalmente da grandi strade larghe di 14 m (plateiai), di cui forse l'attuale Dromo per Bovalino è un residuo: è probabile che qui fosse ubicata l'antica agorà; i lunghi isolati misuravano 101,40 x 27-28 m.
Il quartiere dove si sono concentrate finora le indagini archeologiche è Centocamere, nella zona si è messo in luce diverse abitazioni a pianta molto semplice e una serie di fornaci. Ci sono tuttavia anche esempi di case con organizzazione più complessa, intorno a un ampio cortile, come la «Casa dei leoni» (III° a.C.), con lastre fittili decorate con teste leonine; è la casa più grande individuata finora a Locri (400 mq), composta da un portico (arricchito da intonaci colorati, a imitazione del marmo), un andron (con il posto per sette klinai) e un bagno (con vasca in terracotta e latrina), cosa insolita per quel tempo.
Nell'area di Centocamere, all' esterno delle mura, alla fin e del VII° a.C. fu costruito un grande edificio, noto come «Stoà ad U» per la sua pianta a triportico aperto verso mare o Santuario di Afrodite, successivamente ampliato attorno al 550 a.C. All'interno vi era una serie di piccole stanze (oikoi), tutte uguali, disposte attorno al cortile dove furono rinvenuti ben 371 pozzi sacri, ricolmi di resti di sacrifici animali e oggetti votivi, alcuni con la dedica ad Afrodite. Tutto questo ha fatto pensare a una connessione tra il tempio e la pratica della prostituzione sacra, di cui parlano abbondantemente le fonti.


Santuario Marasà, si tratta del tempio più monumentale di quelli locresi, sito a monte dell'Antiquarium,  in contrada Marasà, presso le mura. In origine constava di una semplice cella rettangolare (fine VII° a.C.), poi completata con l'aggiunta del colonnato; verso il 480 a.C. al posto del primitivo edificio sorse un nuovo Tempio (45 x 19 m ), con diverso orientamento, di ordine ionico, di cui resta in loco ancora un rocchio con la base.
Nei pressi del teatro, in vicinanza di casa Marafioti, sorgeva un Tempio dorico. Il tempio era dedicato a Zeus, come si evince dal preziosissimo archivio di tavolette bronzee, ritrovato in una vicina teca in pietra, con la registrazione della contabilità del santuario.
 All'esterno delle mura, proprio come ricordava Livio, tra i colli di Mannella e Abbadessa, si trova il celebre Persephoneion o Santuario di Persefone,definito da Diodoro Siculo (I° a. C.) «il più illustre santuario dell'Italia».
Gli scavi hanno riportato in luce, vicino casa Marafioti, un teatro costruito alla maniera greca, la cui cavea è ricavata nel declivio naturale della collina, la pianta, a ferro di cavallo, ricorda il primitivo impianto greco, della seconda metà del IV° a.C., anche se l'edificio subì ristrutturazioni in età romana nel I° d.C..


Le necropoli greche sono situate tutte al di fuori del circuito murario, quella di  Lokroi nelle contrade Parapezza, Monaci e Lucifero; Paolo Orsi rinvenne oltre 1700 tombe, che vanno dal VII° al II° d.C., con una prevalenza numerica tra V° e IV° a.C.. Le necropoli romane, poiché relative ad un insediamento più contratto, occupano anche zone interne alle mura, evidentemente non più abitate; tra i ritrovamenti, ricordiamo il sarcofago di C. Ottaviano Crescente, dalla contrada Saletta, consegnato all'Antiquarium (ca. 200 d.C.). 


Le abbondanti testimonianze che provengono dagli scavi di Locri sono oggi sparse in diverse strutture come il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, l'Antiquarium di Locri, che costituisce allo stesso tempo l'ingresso al sito, il Museo Archeologico Nazionale di Crotone  e il Museo Provinciale di Catanzaro dove ricordiamo è custodita una statuetta fittile di Athena, proveniente dall'area del santuario dedicato alla dea.


FontiKaulonNosside


 Link:  Locri Antica
 
 

giovedì 13 maggio 2010

"Dimentichi di tutto"

“Si può essere migranti in ogni istante della nostra vita. Si può perdere ogni cosa in ogni istante della nostra vita. Ed allora si deve ricominciare, cercando altrove una opportunità di riscatto, di rivincita o di semplice speranza di vita”




Dimentichi di tutto
continuiamo il nostro cammino
senza contare le volte
che siamo caduti inciampando
che abbiamo avuto sete e fame
che ci hanno deriso e schiaffeggiato.
Di tutto l’amore e l’affetto
che lungo la strada abbiamo raccolto e regalato
dell’odio e dell’indifferenza
della passione e della sua assenza.
Come bambini innocenti
abbiamo riso e pianto
giocato e rimasti al buio provandone paura
ci siamo azzuffati per un pallone
e costruito castelli di sabbia.
Dimentichi di tutto
e sicuri di niente
proseguiamo sulla nostra strada
quella che abbiamo faticosamente trovato
fatta di errori e cattiverie
di gioie e illusioni
pio albergo per la nostra anima.


Nulla da aggiungere all'emozione che prende l'essenza profonda dell'anima di chi legge questi versi. 
Se poi sei o sei stato anche tu un "migrante", o vivi la storia dei "migranti" perchè la tua è una terra dissanguata, allora l'emozione è solo dolore.........

Il mio grazie al poeta Flocco per il dono della sua poesia ed invito a visitare il suo profilo per conoscere altre sue poesie scritte con parole ma anche colori. 
 

mercoledì 12 maggio 2010

La storia di ogniuno di noi nel nome che portiamo.

Mi appassionano le lingue antiche e questo mi porta a chiedermi l'origine di ogni parola, ogni nuovo vocabolo, ogni termine delle varie lingue presenti nella zona dove vivo, di ogni (chiedo a tutti scusa se la mia curiosità può sembrare invadente) cognome!

L'articolo che segue è stato a dir poco illuminante e mille miei "chissa da dove" hanno trovato risposta in pochi minuti. 

I cognomi che mi circondano nel mio quotidiano mi raccontano adesso una storia meravigliosa.
Antica ma viva più che mai!






"La nostra gente è la nostra lingua"

Dal sito: Grecanica

 
... Ma, come si chiama la gente che vive in queste città, in queste contrade, in queste vie dai nomi greci? Beh! Qui c'è forse l'aspetto più vistoso della Calabria bizantina! Con i cognomi greci, infatti, in Calabria potete trovare e fare tutto ciò che volete.

Avete fame? Abbiamo Crea (carne), Scordo (aglio), Alati (sale), un pò di Zema (brodo) e il Tigani (padella), per contorno Marullo (marulli = lattuga) e Caridi (noce), e il pranzo è pronto.

Ah! dimenticavo il fuoco: ed ecco Fotìa (fuoco)!

Vi piacciono gli animali? Ecco allora il sig. Idoni (aidoni = usignolo), il sig. Ieràci (piccolo falco), il sig. Muscari (vitellino, il sig. Ollio ( ghiro), e qualche altro un pò più pericoloso: il sig. Caprì (cinghiale), il sig. Arcudi (orso) e il sig. Lico (lupo).


Cercate casa? C'è il sig. Mesiti (mediatore, sensale); un falegname? il sig. Marenga (marangos = falegname); un fabbro? il sig. Falcomatà (chalcomatàs = fabbro, ramiere); un calzolaio? il sig. Zangari (tsangàris = calzolaio).


Volete verdure, pentole, aghi, sacchi, brocche, serrature, secchi, crusca? Ci sono a vostra disposizione i sigg. Laganà (lachanàs = venditore di verdure), Zuccalà (tsukalàs = fabbricante o venditore di pentole), Velonà (da velòni = ago, venditore di aghi), Saccà (da sàkkos = sacco, fabbricante o venditore di sacchi), Cannatà (da kanàta = brocca, fabbricante o venditore di brocche), Mandalari (da màndalos = chiavistello, fabbricante o venditore di chiavistelli), Sìclari (da sicla = secchio di legno, fabbricante o venditore di secchi) e Piterà (da pìtiro = crusca, venditore di crusca).


Volete conoscere il vostro futuro? Chiedete al sig. Manti (mantis = indovino). cercate una brava signora? Abbiamo la sig.ra Calì (buona) e la sig.ra Cardìa (cuore), ma la più grande è la sig.ra Megàli (grande). Volete persone importanti? Dopo il sig. Proto (protos = primo), seguono il sig. Arconti (àrchontas = nobile, autorità), il sig. Logoteta (logothètis = dignitario bizantino), il sig. Spataro (spathàrios = guardia imperiale bizantina), il sig. Protospataro (capo delle guardie imperiali), il sig. Foca (come Niceforo Foca, il grande generale divenuto poi imperatore) e se non basta il sig. Riga (rigas = re) e perfino il sig. Paleologo (paleologi = dinastia imperiale a Costantinopoli).


Cercate la persona più saggia? È il calabrese sig. Polifroni (polifrònimo = saggio); la sig.ra più curiosa? La sig.ra Iatì (perchè); la più tenera? La sig.ra Trifilò (triferòs = tenero); la ragazza che non potrà fare mai la fotomodella? La sig.na Condrò (chondròs = grasso, grosso); e la più bella, invece? La sig.na Pangallo (pangallos = bellissimo), ovviamente. Qualcuno che vale? Il sig. Argirò (da àrghiros = argento, d'argento) e, se vi sembra poco, il sig. Criseo (da chrisòs = oro, d'oro); una persona istruita? Il sig. Dascola (dàscalos = maestro); una felice? Ne abbiamo almeno due: il sig. Ielo (ielos = riso, risata) e il sig. Caristo (da efchàristos = felice); e uno infelice? Sicuramente il sig. Nisticò (digiuno); la persona più ossequiosa? Il sig. Calimera (buongiorno); la più alta? Il sig. Macrì (macròs = lungo); e la più bassa? Potete scegliere tra Condò (basso, piccolo) e Camogreco (da chamo = basso); la più solitaria? Il sig. Managò (da monachòs = solo); la più frettolosa? Il sig. Gligora (grìgora = presto); e la persona più forte? Certamente il sig. Sidari (sìdiros = ferro), ma il più longevo certamente è il sig. Iero (ieros = vecchio).


Vi piacciono le rosse? Ecco la sig.na Piromalli (da pir = fuoco + mallìa = capelli, dai capelli di fuoco); le brune? Allora c'è per voi la sig.na Melacrinò (melachrinòs = di pelle scura).


Siete religiosi? troverete preti in quantità: Papandrea (papàs Andrea = padre Andrea), Papaianni (padre Giovanni), Papaluca (padre Luca), Papasergi (padre Sergio), Papaleo (padre Leo), Papasidero (padre Sideri), Papagiorgio (padre Giorgio).... E con tanti "papàs" non potevano certo mancare la sig.ra Papadia (appellativo della moglie del prete sposato presso il clero ortodosso)!


Se non vi accontentate, comunque, fate una passeggiata: potrete trovare il sig. Andiloro (andìdoro = pane benedetto distribuito ai fedeli alla fine della divina liturgia di San Giovanni Crisostomo) o incontrare per strada qualcuno che neanche immaginate: addirittura, la sig.ra Panaghia (Panaghìa = tutta santa, la Madonna)!




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di Tito Squillaci
dalla relazione in greco "L'ellenismo della Calabria" - Nicosia
(Cipro), porta di Farmagosta, 23 - 03 - 1994.

giovedì 15 ottobre 2009

Viaggio in Calabria ..............




" Il calore si rovescia in torrenti benigni sopra a questa desolazione; neppure un'ombra di vapore appanna l'orizzonte; non una vela, non un'increspatura interrompe la linea del mare.

Si può ascoltare il silenzio.

Il sopore avvolge ogni essere della terra: dormono le cime delle colline, e le valli, i promontori, gli affossamenti, e tutte le creature che muovono sopra la nera terra............

Un tale torrido splendore, quando imbeve una terra della più austera semplicità, riconduce lo spirito a stati di primitiva soddisfazione e di altrettanto primitiva ricettività. Si delinea nella nostra fantasia una nuova visione delle cose umane, un suggestivo senso di benessere, in cui non trovano posto le sciocche difficoltà ed i contrasti del nostro tempo.

Liberarsi da questi legami, ritrovare l'affinità con un elementare e vigoroso archetipo, amante della terra e del sole............

Come sono felici questi attimi di aureo equilibrio!

Si, è un bene lasciarsi sommergere da questa atmosfera aspra e vibrante, nel fulgore meridiano delle cose.

E' questo il mezzogiorno definito dai Greci l'ora "pesante", quando i templi non sono calpestati da sacerdoti nè da fedeli; adesso la chiamano "Controra".

Uomini e bestie sono incatenati dal sonno, mentre gli spiriti si aggirano intorno. Il demone del mezzoggiorno, l'Abitatore dei calmi spazi azzurri.......... ed il genio che indugia su questo antico Capo della Colonna è ingenuo e benigno".


Norman Douglas, Viaggio in Calabria




lunedì 20 aprile 2009

"Donna & Impresa"


"Sono le azioni che contano.

I nostri pensieri,
per quanto buoni possano essere,
sono perle false
fintanto che non vengono trasformate in azioni.
Donna, sii il cambiamento
che vuoi vedere avvenire nel mondo."

Mahatma Gandhi



Nato da un'idea e grazie allo straordinario lavoro di Tiziana Cosentino si è svolto a Cittanova, a cura della locale
BCC, il convegno "Donna &Impresa" adottando come bandiera il pensiero del grande Gandhi.
Invitante l'argomento: Donna & Impresa al Sud, e più che mai nella provincia di Reggio Calabria,
è un binomio quanto mai difficile, direi ostico, da coniugare.
I dati parlano di un'alta percentuale di imprese al "femminile" al Sud ma non viene mai sottolineato che nella stragrande maggioranza dei casi di "femminile" ci sia solo il nome (magari perchè si è trovata comoda una
legge) ed in realtà, poi, dietro ci siano solo uomini.



Tutti, relatori, ospiti ed intervenuti, concordi su quanto sia difficile per una donna non solo fare impresa al Sud, ma addirittura entrare nel mondo del lavoro; gli ostacoli sono da individuare certo nelle condizioni economiche svantaggiate ma anche in un retaggio culturale, qui più radicato che altrove, che ritiene ancora il ruolo femminile legato solo alla cura della famiglia e che porta avanti un processo di instillazione di sfiducia davanti alle idee della donna come si è trovata a sottolineare, nel suo breve ma incisivo intervento, una giovane imprenditrice nonchè presidente dell'Associazione Giovani Agricoltori, Patrizia Morano, quando ha ricordato del suo primo passo in un settore che, ancora oggi, è coniugato quasi completamente al maschile, come può essere quello della contrattazione nella compravendita dei prodotti agricoli.

Le proprie potenzialità vengono taciute dalle donne stesse, a loro stesse. La scarsa percezione delle proprie capacità, la paura di non farcela e poi ancora la scarsa disponibilità di ruoli femminili nei posti di lavoro (già pochi), la scarsissima presenza di asili nido, gli orari di lavoro incompatibili con le peraltro scarse presenze di infrastrutture e trasporti, imprigionano una grande forza motrice, una rilevante possibilità di sviluppo per questa regione.



La Calabria possiede un tesoro quasi unico di tradizioni artigianali non commercializzati ed è sopratutto la donna calabrese che oggi conserva ancora la parte più ricca di questa memoria e di questa forza produttiva; qui si realizzano ancora, completamente a mano, capolavori certosini unici seguendo antiche tecniche di tessitura e ricamo; i prodotti gastronomici tipici, aldilà di quelli conosciuti in tutto il mondo che sono solo una piccola espressione della tipicità calabrese, seguono un iter di lavorazione ancora quasi completamente manuale; i prodotti per la cosmesi di antica tradizione sono totalmente o quasi sconosciuti al di fuori dei confini della regione. Un settore economico di nicchia, certamente, ma un capitale assolutamente da valorizzare attraverso la comunicazione e la commercializzazione.

Fare impresa al femminile è difficile dovunque, quì più che altrove, ma abbiamo esempi a dimostrare che non è impossibile e quando una donna riesce a "creare" al Sud, dove pare sia difficile fare qualsiasi cosa, il suo successo vale, proprio per questo, molto di più.
Come si è trovata a dire, nella sua appassionata ed applauditissima presentazione dei lavori, la cara Nuccia Ascone
"Noi siamo il Sud del Sud. Abbandonati da tutti ed in fondo a tutto."


Il convegno "Donna e Impresa" non si vuole rivolgere solo alle donne ma vuole partire dalle donne per dire basta a qualsiasi forma di assistenzialismo economico che avvilisce e mortifica; per incoraggiare alla creazione del proprio lavoro in una terra che offre molte opportunità tutte da scoprire e valorizzare e per creare lavoro per i giovani calabresi che lasciano la loro terra, scoraggiati dalla mancanza di occupazione, ed hanno diritto all'opportunità di tornare.


Non sono state date formule magiche o certezze assolute a garanzia di successo per le donne che vogliono fare impresa, solo l'incoraggiamento e l'esempio di tutte coloro che hanno creduto nella propria idea, hanno provato, hanno resistito nei momenti di crisi e l'imput che può venire da una nuova proposta della locale BCC che ha pensato ad una formula specifica non solo per l'avvio di nuove imprese al femminile nella zona, ma anche di sostegno nel percorso di formazione e affermazione di tali nuove imprese.

Per realizzare sono necessari pazienza e coraggio.
Ogni donna che senta di avere delle potenzialità da esprimere e voglia di realizzare deve immaginare e fare, creare e costruire.


"Tutta la differenza tra costruzione e creazione è esattamente questa:
una cosa costruita si può amare solo dopo che è stata costruita;
ma una cosa creata si ama prima che esista."


Gilbert Keith Chesterton, prefazione al Circolo Pickwick di Dickens


I dovuti complimenti alla carissima Tiziana Cosentino per la genialità nell'ideare e realizzare un incontro così interessante.



P R O G R A M M A

SALUTI:
Francesco Morano - Presidente BCC di Cittanova
Flavio Talarico - Presidente Federazione delle BCC calabresi

INTERVENTI:
Rosario Milicia - Direttore BCC di Cittanova
Pierfilippo Verzaro - Direttore Federazione delle BCC calabresi
Enrica Cavalli - Presidente Associazione "Idee"
Giulia Mandaglio - Imprenditrice calabrese
Pia Cittadini - Imprenditrice bresciana
Maria Stella Ciarletta - Consigliere Regionale per le Pari Opportunità
Angela Napoli - Parlamentare calabrese

DIBATTITO

CONCLUSIONI:
Alessandro Azzi: - Presidente Federcasse

MODERATORE:
Anna Maria Terremoto - Giornalista RAI




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martedì 24 marzo 2009

Perdunami



"Perdunami Signuri
pe' tuttu chidu chi ti fici,
u' sacciu ca' jeu sugnu
nu' grandi peccaturi,
ma se no' mi perduni tu
chi pozzu fari?

Se jeu ti jestimai, perdunami.
Se jeu ti misi n'cruci, perdunami.
Se quandu i' tia parlavanu l'amici e arridianu,
e puru jeu arridia, perdunami.

Se sulu a'mia pensava, perdunami.
Se no' ti pregava mai, perdunami.
Se quandu 'ntrà 'na cresia, trasiia sulamenti
pem'ù accuntentu a'genti, perdunami.

Parlava senza cuntu, perdunami.
vidija ed era orbu, perdunami.
E se sentia ca' a genti no' 'ndavia mancu u' pani
no' mi 'nd'incarricava, perdunami.

Se mai m'accuntentava, perdunami.
Se jeu no' perdunava, perdunami.
Se mu' mi fazzu largu e diventari randi
zumpai nu' povaredu, perdunami.

Se jeu fù pirchjiu, perdunami.
Se mi fici superbu, perdunami.
E se a' mama e a' patrima chi mi ficiaru nasciri
'nci rispundia mali, perdunami."

Anonimo cosentino.


Questo canto è un componimento originario della provincia di Cosenza, è stato "tradotto" in cittanovese ed accompagna la celebrazione della "Via crucis".
Perchè tradotto? Perchè la "lingua" calabrese non è uguale in tutta la regione; si può parlare di vere e proprie lingue diverse, incomprensibili anche allo stesso calabrese che sia originario di un'altra zona, a seconda quindi che ci si trovi sul versante Jonico o tirrenico, nell'area grecanica piuttosto che nell'alto reggino, o nel catanzarese, nelle aree di lingua "valdese" o "
arbëreshë" e così via per arrivare ad idiomi ormai quasi completamente estinti poichè patrimonio solo di poche e circoscritte zone della Calabria.
Per quanto riguarda questo canto, possiamo notare l'influenza della lingua italiana nella traduzione dal "cosentino" al "cittanovese", avvenuta in tempi relativamente recenti, che da risalto ad una progressiva perdita di vocaboli e di espressioni della lingua originale, anche se, in certa misura, inserimento di espressioni in qualche modo italianizzate, è da attribuire anche alla necessità di rendere il testo più agevole per l'adattamento musicale, data appunto dalle differenze tra "la parlata" cosentina e la cittanovese.

Il mio grazie a Lidia che è stata la mia fonte nel procurarmi il testo completo e le origini del "canto".


Traduzione:
"Perdonami"

"Perdonami Signore,
per tutto (il male) che ti ho fatto.
So di essere un grande peccatore,
ma se Tu non mi perdoni,
cosa posso fare?

Se ti ho bestemmiato, perdonami.
Se ti ho crocifisso, perdonami.
Se quando (i miei) amici parlavano di te deridentoti
e anch'io ti ho deriso, perdonami.

Se ho pensato solo a me stesso, perdonami.
Se non ti ho mai pregato, perdonami.
Se sono entrato in chiesa solo
per farmi vedere dagli altri, perdonami.

Parlavo senza darmi conto (da stolto), perdonami.
Vedevo ed ero cieco, perdonami.
E se ho saputo di gente che non possedeva neanche un tozzo di pane,
non me ne sono curato, perdonami.

Se non sono mai stato contento (di ciò che possedevo), perdonami.
Se non ho mai perdonato, perdonami.
Se per farmi spazio (nella vita) e diventare importante
sono passato sopra al povero, perdonami.

Se sono stato avaro, perdonami.
Se sono stato superbo, perdonami.
Se ho maltrattato mia madre e mio padre
che mi hanno fatto nascere, perdonami.

martedì 4 novembre 2008

"Sei tu a parlare al mio cuore..........."

"Sei tu a parlare al mio cuore
e dolcemente lo culli
come in un canto di ninna nanna,
profumo di corolla mattutina.


Quello che ho smarrito
correndo
lungo i più alti sentieri.
Quello che non ho trovato
fermandomi supino
sulle spiagge rugose.
Quello che ho sognato
in una notte di stelle
felice, ma tremante di paura,
è racchiuso in te.


Nella purezza del tuo sorriso
c'è il sapore delle favole antiche.
Nella freschezza del corpo
l'ardore dei sogni e le speranze.
Nella tua misteriosa presenza
i dolci incanti della fanciullezza.


Creatura essenziale,
tu parli, perchè io possa parlare.
Sorridi, perchè io possa sorridere.
Vivi, perchè io possa vivere.
E così conduco la vita
aggrappato a te
per non cadere.


Tratto dalla raccolta di poesie "Al tempo delle fragole" di Bruno Naso.



Con profonda emozione rileggo questi versi che oggi ho scelto per voi. Come sempre accade, ogni qualvolta il pensiero vagabondo fruga tra i cassetti della memoria riportandomi il ricordo del professore Bruno, con una dolce stretta al cuore rivedo la sua figura alta e magrissima, il suo tenere la testa piegata come in un avvicinarsi più al cuore di chi gli stava vicino, il suo ascoltarti in silenzio e le sue parole sempre vestite di pacata dolcezza. E' una presenza che ha accompagnato tutta la mia vita sin da quando, piccola straniera, mi affacciai per la prima volta al balcone che dà sulla piazzetta. Lui, la sua casa, la chiesa, la professoressa Irene, l'avvocato, il vicino che montava il suo cavallo ogni mattina verso terre misteriose, il chiacchiericcio allegro delle donne in attesa della partenza per la campagna. Bagliori di luce, ricordi pieni di risate e malinconia. Un mondo che torna sfumato di sogno.

Adesso lo rivedo accanto a me, presenza discreta, nei miei momenti più tristi, nelle battaglie impari, nei giorni che dovevano essere di gioia. Nel mio mondo di oggi la sua casa, la chiesa, la collina di Cavallica sono ancora quì. Ed anche la sua poesia!

martedì 16 settembre 2008

Cercami


Tu,
insolita e discreta
proponi saggezza
al mio perenne migrare.

Dove sarò? Mi dovrai cercare.

Io sono dovunque, e quando
crederai d'avermi trovato
sarò già lontano.

Lo scirocco mi avrà portato
verso sud, il mio Sud.

Strade piccole,
brevi selciati,
case scavate nel tufo.

Strapiombi sul mare,
nel vento che avvampa le facce, e
dalle rocce sdradica i capperi assetati.

Con la mente volare,
librarsi dal picco più alto, dove
l'aquila con l'ala spezza le correnti e
imponente stalla nello scirocco.

Se verrai, saprai come trovarmi.

La mia casa è ai Due Mari,
nel rosso dei faggi.
Là c'è acqua chiara,
generosa come la sua gente,
usa al lavoro e prodiga di gentilezze.

Gente piena d'orgoglio e
fiera della sua terra, dove
la più piccola pietra
è memoria.


Versi tratti da "La voce del Mare" di
Francesco Giovinazzo


In una delle mie frequenti escursioni in librerie varie, alla ricerca di piccoli grandi tesori, nel mio frugare gli angoli nascosti sperando di incontrare autori calabresi ignorati, dimenticati, lo sguardo sconsolato coglie un qualcosa di piccolo, lì in fondo sullo scaffale più basso. Ho un moto di sorpresa! Il nome inequivocabilmente cittanovese.... la veste semplice..... solo spumeggianti creste d'acqua e lievi gabbiani in bianco e nero. Lo apro .....piccoli versi, brevi, sembra quasi un rivolgersi a sè stesso con tono discorsivo... parole semplici.... colgo qualcos'altro, un chè di familiare e poi riconosco l'amore, la passione per la propria terra, questa terra! Proprio questa montagna e questi mari che solo quì sono un tutt'uno. E poi la lontananza vissuta nel silenzio dell'anima che sgorga dapprima con voce lieve, poi sempre più appassionata ma mai dai toni forti; una voce delicata e contenuta nel riserbo che è nella natura del calabrese all'esternare i propri intimi sentimenti.




Una sorpresa ancora mi attende quando cerco nell'angolo sinistro in basso della copertina posteriore; un piccolo adesivo sul quale, vergato a mano con tratti svelti "Omaggio dell'Autore" e la sua firma, quasi solo una sigla.

In un mondo dove impera il culto al Dio denaro e l'unica preghiera che senti recitare è la cifra finale dell'estratto conto, c'è chi dà qualcosa così importante di sè in dono............


Francesco Giovinazzo è nato nel 1954 a Cittanova (Reggio Calabria) dove vive e lavora....
Riconoscimenti ricevuti;

Finalista con la lirica "Madre" al Premio Anassilaos

Segnalazione di merito al Premio Rhegium Julii con la composizione "Scavami l'Anima".