Per meglio dire "u' Chiozzu"!
Sei l'ultimo sopravissuto di una piantagione di gelsi; le tue foglie hanno nutrito per secoli i Bachi da seta che generazioni di fanciulle hanno filato.
Quante meravigliose tele e splendidi ricami con quel lucido filo d'oro!
E quante generazioni di ragazzi si sono arrampicate sui tuoi rami per rubarti le dolcissime more!
Quanti di quei ragazzini, ormai canuti, si fermano a guardarti ricordando i giorni delle loro marachelle. Tanti tra loro non possono più tornare ma i loro ricordi aleggiano ancora quì ed i loro occhi lucidi nel volgere lo sguardo verso i tuoi frondosi rami vivono per sempre nella tua memoria, custoditi dalla tua dura corteccia scolpita dai secoli.
Oggi vecchi e nuovi amici si siedono a riposare al fresco dell'ombra che regali generoso.
Ad un tuo caro vecchio amico dedico questi versi della cui esistenza, con l'entusiasmo proprio dell'archeologo della letteratura, venne a conoscenza proprio all'ombra dei tuoi rami e con i quali apre ogni nostra conversazione.
"Fatta di l'anni la mità ccaminu,
mi vitti 'nta nu voscu 'ntrizzicatu,
ca' di la strata no' ngagghjai mu minu.
E chi bi' cuntu d'undi era ficcatu?
'nta spini e stroffi no' pigghjava pista
chi mu' li penzu m'attrassa lu' hjiatu.
Ch'eni la morti si no' era chista?
ma, pe' lu bonu c'àju di cuntàri,
'ncignu a' cuntàri chi' mi vinni 'mbista."
Per chi non ha dimestichezza con la lingua calabrese citerò solo il primo verso dell'opera eccelsa di cui questi versi aprono la traduzione appunto in calabrese:
"Nel mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura .............."
L'opera di traduzione della Divina Commedia in lingua calabrese impegnò gran parte della vita di Don Giuseppe Blasi, sacerdote e poeta, la cui vasta produzione letteraria rimane ancora oggi quasi completamente sconosciuta poichè le sue opere permangono quasi tutte inedite. Si può riconoscere nella traduzione la lingua parlata a Laureana di Borrello della cui zona era originario l'autore.
E' d'obbligo chiudere con gli stessi versi con cui l'autore sciolse il suo "Halleluja" quando, il 15 ottobre del 38 arrivava "ncima a lu Paradisu":
"Fici chi' potti fari.... chi' bboliti?
Si megghjiu lu volivu traduciutu
provati vui e bbidìti s'arrescìti.....
Aju mu' lodu a' Ddeu di quantu ajutu
mi dezzi: di' li magghji di 'sta riti
mu' nesciu e nnommu restu 'nsollenutu."
Ho cercato sul web notizie sulla vita di Don Giuseppe Blasi e sulle sue opere senza trovarne la minima traccia per cui l'unica fonte alla quale posso attingere è proprio l'edizione della sua "Divina Commedia".
Giuseppe Blasi nacque a Bellantone (RC) il 6 aprile del 1881 dove morì il 20 gennaio del 1954. Fù seminarista a Messina dove ebbe modo di conoscere Giovanni Pascoli, che all'epoca insegnava presso quella università; passò quindi al seminario vescovile di Mileto dove compì gli studi classici dimostrando si da allora il suo forte ingegno. Conseguì la maturità classica, da esterno, a Napoli. Fù ordinato sacerdote nel 1904 e, per le sue doti morali e per la sua preparazione, Mons. Morabito, vescovo di Mileto, lo trattenne presso di sè e lo volle insegnante di materie letterarie in quel seminario vescovile.
Con grande piacere devo, inoltre, riportare le parole con cui l'amico Pasquale Barbatano mi ha dedicato la copia di un suo libro ricordando proprio i momenti in cui, a "Villa Lopez", fece la scoperta di questa traduzione in calabrese della somma opera di Dante: "Ho girato il mondo in lungo ed in largo ma una parte del paradiso l'ho trovato quì! In questa casa deliziosa."
Un'ultima precisazione: ho dato titolo a questo post "U' Paradisu", anche se in realtà l'opera si apre con "U' Mpernu", per i versi con i quali l'autore esprime le proprie sensazioni nel concludere il suo lavoro e per il riferimento a Villa Lopez nella dedica dell'amico Pasquale Barbatano.
4 commenti:
La dolcezza dei sentimenti si mescola con la serena nostalgia del passato.
Malinconica serenità che accetta il movimento della giostra del vivere.
Chi scende, chi sale, chi turbina, chi ride o rivive, nel giro finale.
E' bello se ancora,con un filo di voce, ci va di cantare.
I tuoi commenti dovrebbero essere dei post, carissima Renata.
Un abbraccio.....
Ciao fiore d'agrume; vorrei ringraziarti per il tuo commento al mio racconto "la luna ed il lupo" sul blog di gabbianoblu. Ma ti ringrazio anche per questo tuo blog che trovo speciale. Speciale perchè io, nordica dell'asse, nata a Milano da papà torinese e mamma veneziana ho la Calabria nel cuore. Un amore nato trent'anni fa quando ci misi piede la prima volta. Quattro anni più tardi sposai un calabrese.. ed ora quella terra dalla quale vivo lontana è anche un po' terra mia. Tornerò qui spesso e mi sembrerà di mettere piede su quella terra.
Con sincero piacere,
Laura
Ciao Laura;
le tue parole mi donano immensa gioia ed emozione.
Un abbraccio.....
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