"E' un privilegio preparare la stanza in cui dormirà qualcun altro"
E. Jolley
"Villa Lopez" è un Bed & Breakfast che offre ai suoi ospiti calda accoglienza, intimità, relax, eleganza e cura in ogni particolare.
Il suo blog nasce per raccontare le piccole straordinarie storie di amicizia nate tra una torta di mele ed una chiacchierata in giardino all'ombra "du' Chiozzu", il vecchio gelso che stende i suoi ombrosi rami, paterno e protettivo, e la cui maestosa mole parla di secoli di vita e sembra quasi raccontarti di tutti i monelli che ogni primavera davano la scalata ai suoi rami per "rubare" le sue more.
Tra le pagine di questo blog troverete i pensieri, a volte vere poesie, lasciati dai miei ospiti, veri protagonisti della vita di questo bed&breakfast; troverete pagine scritte proprio da alcuni di loro; troverete, a volte, riflessioni e considerazioni sui problemi di quest'angolo di Calabria e sul turismo; troverete leggende e racconti nati dalla fantasia popolare e tramandati nei secoli; poesie e brani di autori calabresi, spesso sconosciuti.
Il mio invito, a tutti i visitatori di questo blog, a lasciare i propri pensieri e commenti dando così vita e seguito a tante altre bellissime storie di simpatia ed amicizia.


Accomodatevi, prego, se desiderate visitare il mio bed & breakfast

martedì 16 settembre 2008

Cercami


Tu,
insolita e discreta
proponi saggezza
al mio perenne migrare.

Dove sarò? Mi dovrai cercare.

Io sono dovunque, e quando
crederai d'avermi trovato
sarò già lontano.

Lo scirocco mi avrà portato
verso sud, il mio Sud.

Strade piccole,
brevi selciati,
case scavate nel tufo.

Strapiombi sul mare,
nel vento che avvampa le facce, e
dalle rocce sdradica i capperi assetati.

Con la mente volare,
librarsi dal picco più alto, dove
l'aquila con l'ala spezza le correnti e
imponente stalla nello scirocco.

Se verrai, saprai come trovarmi.

La mia casa è ai Due Mari,
nel rosso dei faggi.
Là c'è acqua chiara,
generosa come la sua gente,
usa al lavoro e prodiga di gentilezze.

Gente piena d'orgoglio e
fiera della sua terra, dove
la più piccola pietra
è memoria.


Versi tratti da "La voce del Mare" di
Francesco Giovinazzo


In una delle mie frequenti escursioni in librerie varie, alla ricerca di piccoli grandi tesori, nel mio frugare gli angoli nascosti sperando di incontrare autori calabresi ignorati, dimenticati, lo sguardo sconsolato coglie un qualcosa di piccolo, lì in fondo sullo scaffale più basso. Ho un moto di sorpresa! Il nome inequivocabilmente cittanovese.... la veste semplice..... solo spumeggianti creste d'acqua e lievi gabbiani in bianco e nero. Lo apro .....piccoli versi, brevi, sembra quasi un rivolgersi a sè stesso con tono discorsivo... parole semplici.... colgo qualcos'altro, un chè di familiare e poi riconosco l'amore, la passione per la propria terra, questa terra! Proprio questa montagna e questi mari che solo quì sono un tutt'uno. E poi la lontananza vissuta nel silenzio dell'anima che sgorga dapprima con voce lieve, poi sempre più appassionata ma mai dai toni forti; una voce delicata e contenuta nel riserbo che è nella natura del calabrese all'esternare i propri intimi sentimenti.




Una sorpresa ancora mi attende quando cerco nell'angolo sinistro in basso della copertina posteriore; un piccolo adesivo sul quale, vergato a mano con tratti svelti "Omaggio dell'Autore" e la sua firma, quasi solo una sigla.

In un mondo dove impera il culto al Dio denaro e l'unica preghiera che senti recitare è la cifra finale dell'estratto conto, c'è chi dà qualcosa così importante di sè in dono............


Francesco Giovinazzo è nato nel 1954 a Cittanova (Reggio Calabria) dove vive e lavora....
Riconoscimenti ricevuti;

Finalista con la lirica "Madre" al Premio Anassilaos

Segnalazione di merito al Premio Rhegium Julii con la composizione "Scavami l'Anima".

mercoledì 10 settembre 2008

Zomaro; la montagna magica.




"Ho sempre saputo che quella montagna era magica; anche il vento recava voci di trapassati e la nebbia dei loro spiriti leggeri.
D'estate la luce abbacinante delle radure tra i faggi aveva poteri medianici: ho avuto anch'io delle visioni. L'ho vissuta così, intensamente ed essa mi ha stregato per sempre, ora che tardivamente comincio a capire da quanti popoli fù attraversata ed abitata, a quanti dominatori sottomessa, da quanti intenti ricercata.

Mi rivelerei provinciale e di parte se non chiarissi che tutta quella montagna, dai fianchi stretti e dalla lunga schiena, ricca di acque e popolata di faggi, la "dorsale", come la chiamarono, fu infinitamente contesa, appropriata e riappropriata, necessaria al transito, senza alternative, non impantanata e ricca di miasmi come la grande Piana silvestre, non riarsa come le rocche orientali, perciò anche adocchiata da levante e da ponente; possedeva essa sola tutti i requisiti che sull'uno e sull'altro versante non si ritrovavano mai assieme.

Devo credere alla pervasività, alla permanenza degli ectoplasmi delle civiltà sparite e, con esse, delle sofferenze, delle ribellioni, delle fughe, delle paci quiete, degli sradicamenti, dei ritorni e quella montagna li ebbe tutti, più volte nei millenni e ne mantiene ancora le ridondanze.
Là sopra, in qualunque stagione vi capiti, non sei mai solo. La ressa delle compresenze è tale che le orecchie si riempiono di frastuoni anche nei più durevoli e distesi silenzi.

Afferro ora il senso ingenuo ed ineffabile del sentirsi parte delle infinite generazioni dell'uomo, della immortalità della specie; accanto agli alberi sempre fedeli al loro destino, alle pietre che non mutano mai sito, su quella montagna dei sette popoli nulla è mai morto veramente."



Ho tratto queste sensazioni dal libro "Zomaro, la montagna dei sette popoli" di Domenico Raso, cittanovese che sente la sua appartenenza a questa terra, alla sua montagna.
Chiunque sia stato su allo Zomaro e si sia incamminato giù sotto le faggete od abbia "osato" l'ombra delle pinete o si sia affacciato sul versante ad oriente a respirare l'aria dello Jonio sa che Domenico Raso dice il vero; nel silenzio che quì è diverso che altrove la sensazione di non essere soli, di voci che ti sussurrano all'orecchio è reale, intensa e forte. Chi non ascolta con l'animo puro, "jancu", la percepisce come una sensazione di angoscia; chi sente invece dentro di se il fluire dello spirito di questa terra su questa montagna si sente in pace, si sente a casa.