"E' un privilegio preparare la stanza in cui dormirà qualcun altro"
E. Jolley
"Villa Lopez" è un Bed & Breakfast che offre ai suoi ospiti calda accoglienza, intimità, relax, eleganza e cura in ogni particolare.
Il suo blog nasce per raccontare le piccole straordinarie storie di amicizia nate tra una torta di mele ed una chiacchierata in giardino all'ombra "du' Chiozzu", il vecchio gelso che stende i suoi ombrosi rami, paterno e protettivo, e la cui maestosa mole parla di secoli di vita e sembra quasi raccontarti di tutti i monelli che ogni primavera davano la scalata ai suoi rami per "rubare" le sue more.
Tra le pagine di questo blog troverete i pensieri, a volte vere poesie, lasciati dai miei ospiti, veri protagonisti della vita di questo bed&breakfast; troverete pagine scritte proprio da alcuni di loro; troverete, a volte, riflessioni e considerazioni sui problemi di quest'angolo di Calabria e sul turismo; troverete leggende e racconti nati dalla fantasia popolare e tramandati nei secoli; poesie e brani di autori calabresi, spesso sconosciuti.
Il mio invito, a tutti i visitatori di questo blog, a lasciare i propri pensieri e commenti dando così vita e seguito a tante altre bellissime storie di simpatia ed amicizia.


Accomodatevi, prego, se desiderate visitare il mio bed & breakfast

giovedì 31 luglio 2008

Alba in Aspromonte


Le sei del mattino. Ad Oriente i colori dell’aurora illuminano il cielo di rosa-dorato.
Il profilo delle montagne ed il tetto della vecchia chiesa disegnano l’orizzonte ed i castagni sulla collina di Cavallica si stagliano come immobili piume nella luce dorata.
L’aria fresca del mattino profuma di gelsomino; nel silenzio assoluto solo il tubare roco di una tortora ed il cinguettio degli uccellini dai nidi, invisibili tra le foglie del gelso ed il verde profumato degli aranci. A tratti una leggera brezza muove appena le cime degli alberi. E’ l’ora, questa, in cui tutto dorme ancora. Posso sentire, come un sussurro che sale dalla mia stessa anima, la voce di questa terra parlarmi dolcemente; come immersa in un sogno magico mi lascio trasportare indietro nel tempo.
Nel quotidiano, frenetico correre verso il domani, mai ci si ferma a colmare gli occhi delle luci e dei colori del mondo, mai a riempirsi i polmoni dei dolci profumi e la mente delle struggenti melodie che questa terra regala generosa.




Guardo il cielo; il luminoso rosa-dorato ad Est già sfuma in un tranquillo, chiaro celeste macchiato solo da qualche bianco ciuffetto di nuvola; da Ovest grosse nuvole si avvicinano velocemente.
Nella serenità del momento in cui il mondo nasce al nuovo giorno, posso vedere la purezza dei paesaggi noti e guardare con cuore attento. In questo momento in cui tutto sembra magia posso salire su fino ai misteriosi boschi che coprono le bianche rocce ed i profondi solchi delle solitarie ed imponenti cime dell’Aspromonte; posso percorrere con passo leggero le silenziose faggete e le folte pinete, così fitte sì che la luce del giorno vi giunge solo come un irreale chiarore; posso perdermi nella profonda, solitaria, cristallina bellezza delle cascate Galasia, tanto stupefacenti ed incantevoli che da secoli non hanno bisogno di altro nome se non quello che diedero loro i greci oltre duemila anni fa: "Galasia", cioè semplicemente “cascate”; e poi posso ancora, ritrovando antichi e quasi invisibili sentieri, attraversare verdi radure e limpidi ruscelli, seguire il crinale dei monti, dal tempo in cui in questa terra giunsero i Romani, sentiero per i viaggiatori che, a piedi, percorrono queste cime e giungere infine ai “Campi di Marco”; una verde distesa si apre ai miei occhi.Qui i colori dell’aurora indugiano ancora luminosi mentre le terre più a valle si perdono sotto le fitte brume che salgono dalla terra.
Il
sole non è ancora sorto.


Marco e Arcangela, guide ambientali-escursionistiche del gruppo "Aspronauta" guidano i visitatori lungo i siti storici, archeologici e naturalistici del "Parco Nazionale d'Aspromonte".

Partendo da Cittanova e salendo verso lo Zomaro si raggiunge il crinale del Marcatante; da quì si segue l'antica strada rinominata intorno al 1800 "Passo del Brigante" che percorre lo spartiacque detto i "Du' Mari" e presumibilmente segue un tratto dell'antica via Popilia, fino a "Serra di Marco"; si continua verso "Guardia Zingari" per giungere alla "Timpa di Galasia" e alle omonime splendide cascate.


La mia gratitudine a Pietro Muratori per gli straordinari dipinti e al gruppo "Aspronauta" per le suggestive fotografie.



























"I Campi di Marco"

L’uomo si muove silenzioso sotto gli altissimi pini, attraverso i sentieri tracciati dai pastori; si spinge fin sulla cima del monte. Ai suoi piedi la distesa di pascoli nella pianura che dai monti giunge fino alle terre paludose intorno a Metauros. Il suo orecchio adesso si fa attento; protetto dal folto della macchia spinge lo sguardo verso l’orizzonte, ad est.
Il campo dei soldati romani è già in attività; silenziosi si preparano alla battaglia. Hanno percorso centinaia di chilometri attraversando le terre italiche verso sud; mesi e mesi di marcia per giungere in queste terre dove la fantasia ed i capricci della natura pongono sempre nuovi ostacoli a rallentare il cammino; hanno raggiunto le terre dell’altipiano inerpicandosi faticosamente attraverso valli e scoscesi burroni coperti da foreste fitte ed oscure che da millenni crescono selvagge. Per giorni e giorni hanno scavato il fossato di sbarramento; il loro condottiero, Marco Licinio Crasso, ha voluto che tagliasse questa terra da “mare a mare”, dallo Jonio fino al Tirreno; qui dovranno essere fermati i nemici di Roma.
Qualche chilometro più a sud, sul versante della montagna che scende ad Ovest, nei ripari inaccessibili dove li hanno guidati pastori e briganti, gli schiavi ribelli dormono ancora.

Solo Spartaco, il ribelle, colui che ha osato sfidare il potere dei padroni romani, sollevando ed incitando gli schiavi alla libertà, ha vegliato tutta la notte. Sa che i soldati di Roma sono lì, poco distanti, sul pianoro appena dietro il crinale della montagna, pronti a fermare la loro avanzata. Da giorni i pastori di Mamertum, al ritorno dai pascoli, dove guidano le greggi così da poter spiare le mosse dei soldati, raccontano del lungo fossato scavato nella montagna "finu ai du' mari", dei proiettili di piombo che a migliaia hanno fuso nei forni e dell'incredibile quantità di lance e frecce preparate seguendo gli ordini del temibile ed astuto Marco Licinio Crasso.

La battaglia sarà violenta e dolorosa la sconfitta ma ancora più atroce sarà, per l’animo del capo dei ribelli, la perdita di molti dei suoi compagni. Il suo cuore è greve; uomini e donne lo hanno seguito fiduciosi. Lo seguiranno anche oggi e moriranno spinti dal desiderio di libertà e dopo moriranno anche i pastori di questi monti, povera, brava gente, e le loro famiglie che, ignare della furia che si abbatterà sulle loro piccole case di
Mamertum , senza porre domanda alcuna gli hanno offerto asilo, cibo ed aiuto.

Il sole è sorto illuminando una terra di incantevole, dolorosa bellezza.
Il verde brillante e le misteriose profondità dei boschi appena accarezzate dai primi raggi di sole; i profondi solchi, ancora oscuri, dei versanti che scivolano verso la piana sottostante si rivelano alla luce del mattino.

Lo sguardo di Spartaco scende fino ai fiumi dalle limpide acque, indovina tra le rocce le limpide sorgenti e gli spumeggianti salti delle cascate. Una strana aquila taglia il cielo con il suo maestoso volo. La profonda solitudine di questi monti parla, come il suo cuore, di libertà. A Sud-Ovest i contrafforti montuosi, accesi di violacei bagliori, celano allo sguardo le terre di Sicilia mentre dal mare sorgono imponenti le isole ed i vulcani, dimora del dio greco Eolo. Ai suoi piedi le fortificazioni romane di Mamertum; più a Nord, come nastro bianco sul verde intenso della fitta vegetazione, la via greca che porta a Medma.
Oltre queste montagne, oltre le cime lontane ancora sfumate nella nebbiolina notturna che sale dalle valli, lontano da qui, Roma lo attende. Sente le voci dei suoi uomini giungere dai rifugi, giù nel sottobosco. E’ ora di tornare da loro e prepararsi alla terribile prova che li attende.


Tutta la toponomastica del luoghi quì intorno racconta delle vicende storiche appena raccontate.
La zona denominata "Campi di Marco", appunto dalla battaglia che vi si svolse tra le truppe romane al comando del console romano Marco Licinio Crasso e gli schiavi ribelli guidati da Spartaco si trova sui piani dello Zomaro, località montana di Cittanova; del fossato di sbarramento scavato dai soldati romani si conserva traccia nel toponimo "Serra di Marco", località sita, come la precedente, del territorio dello Zomaro e "Fosso di Marco" che è un piccolo affluente della Fiumara Serra che costeggia Cittanova, sul lato sud.
Marco e Arcangela, guide ambientali-escursionistiche del gruppo "Aspronauta" guidano i visitatori lungo i siti storici, archeologici e naturalistici del "Parco Nazionale d'Aspromonte".


Per i riferimenti alla toponomastica dei luoghi descritti e ai reali eventi storici devo ringraziare Domenico Raso ed il suo meraviglioso libro "La Montagna dei Sette Popoli"; grazie ad Arcangela ho potuto consultare i libri "I segni dell'uomo nelle terre alte d'Aspromonte" e la guida "Calabria Verde" di Francesco Bevilacqua, che ho letto con piacere e che sono stati incredibile fonte d'informazioni sul territorio aspromontano; grazie a Marco ho potuto dare un nome ai luoghi "visti" da Spartaco.


mercoledì 2 luglio 2008

"Pani e Cipudi"

Un carissimo amico di "Villa Lopez" è l'appassionato autore di questi versi così toccanti e pieni di uno straordinario amore per la propria terra, amore incontenibile per il suo cuore di "esiliato" dal proprio paese e dalle proprie radici.


"Vorrìa mu tornu a Cittannova
Pecchì lu meu penzeru è sempi docu,
Li genti e li vicini chidu jornu
'Mpiccicati mi restaru 'ntra lu cori....

Vorrìa mu tornu ancora cotraredu
Di quandu jia a' la scola a' li barracchi
Mu viju la me' mamma giuvaneda
Cu' li schjiacchi russi 'ntra la facci....

Vorrìa mu' vegnu sulu natra vota;
Mu' viju la me' mamma piccirida:
Cu' sapi quantu voti m'aspettau
Da la hjiangazza dì la porticeda!

Mo' mentri scrivu stì palori
Li gralimi mi spuntanu 'ntra l'occhji
Penzandu sempi a' ida povareda
Di' quantu patiu 'ntra la sò vita....

Vorrìa mu' tornu ancora a' lu Pajsi
'Chesti lu' 'cchju bellu di la "Chiana",
Mu' viju li cotrari di' la scola e 'mun'ci dicu:
Pani e Cipudi ma quandu siti randi
no' 'mbidijiti i' Cittannova!"

Pasquale Barbatano




Pasquale Barbatano, figlio di Salvatore e Maria Teresa Chiaro, è nato a Cittanova il 3 Gennaio del 1926, secondo di dodici figli.
Il padre era un noto commerciante del legno e si occupava anche di agricoltura e di numerosi frantoi per la molitura delle olive e la produzione dell'olio.
Con la guerra del 1943 arrivarono le difficoltà economiche ed il crollo delle attività familiari e Pasqualino con grande dispiacere dovette lasciare gli studi e la sua cara scuola "a' li barracchi", vecchie e famose baracche di legno tirate sù dopo il terremoto del 1908, per aiutare il padre. Nel 1948, alla fine della guerra che l'ha visto militare di leva nell'Aereonautica, si trasferisce a La Spezia dove conosce e sposa la dolce signora Anna. Stimato commerciante è conosciuto in tutto lo "spezzino" per le sue attività nel sociale. Poeta e scrittore continua a ricevere premi e riconoscimenti per le sue toccanti opere.